Ultima settimana per visitare la mostra degli artisti Didymos e Massimiliano Marianni, al centro culturale DART Villa Verlicchi di Lavezzola RA.

Esito della prima Residenza d’artista MONOS MONOS a cura di CRAC che ha anche proposto alcuni incontri aperti a piccoli gruppi di giovani e cittadini, per conversare con gli artisti sullo stato di avanzamento delle opere che stavano realizzando.

Con “MONOS MONOS” si è avviato una proposta di incontro, per valorizzare il territorio artistico romagnolo attraverso un ciclo di residenze d’artista e  successive mostre che coinvolgeranno artisti locali ed artisti a valenza nazionale, attraverso progetti intrecciati sulla base della loro rispettiva ricerca artistica, umana e laboratoriale.

La prima residenza d’artista a DART ospita il progetto “ALLO EN ALLO” del duo Didymos, ( artiste piemontesi Alessia Certo e Giulia Vannucci) ad interagire e confrontarsi con Massimiliano Marianni. Le Didymos, benché giovanissime hanno al loro attivo molti progetti pluripremiati ed esposizioni in Italia e non solo da oltre 15 anni, mentre Marianni, già attivo ultimamente con CRAC, va ad incastonare all’interno del progetto la sua arte così antimaterica e risonante di corporeità allo stesso tempo, che ben si sposa con la progettualità vibrazionale, alchemica e trascendente delle Didymos.

ALLO EN ALLO

un progetto di Didymos e Massimiliano Marianni.

[…] Bisogna esaminare in quanti modi si dice che una cosa è in un’altra (allo en allo). In un modo come il dito è nella mano e, insomma, come la parte è nel tutto. In un altro modo, invece, come il tutto è nelle parti giacché il tutto non è al di fuori delle parti. In un altro modo, come l’uomo è nell’animale e, insomma, la specie (eidos) nel genere (genos). I un altro modo come il genere è nella specie e, insomma, la parte della specie nel concetto di specie (logos). (…) come la forma nella materia. […] L’aporia consisterebbe, dunque, o nell’ammettere o nel negare che una medesima cosa sia in se stessa, dal momento che ogni cosa o è in nessun luogo o è in altro[…]” Aristotele, Fisica 

ALLO EN ALLO è un progetto del collettivo Didymos e di Massimiliano Marianni, che si articola per mezzo della contaminazione delle due ricerche e della poetica dei materiali impiegati. Gli artisti lavorano con l’intenzione di realizzare due opus legati uno all’altro da connessioni inscindibili che unificano l’obiettivo di ricerca; le due ricerche si delineano in modo intrecciato, una nell’altra. Allo en allo, è il filo conduttore e fondamento di una pratica di ricerca condivisa. Il progetto si basa sulla relazione tra stampo e calco, e sull’ambiguo e aporetico concetto di originale e multiplo, sulla messa tra parentesi del platonico movimento a senso unico da stampo a copie, tentando un trascendimento della similitudine formale come presupposto di correlazione tra multipli. Allo en Allo, è un processo di trasformazione (artigianale, alchemica, vibrazionale, tecnologica, energetica, tecnica, corporea) di una cosa nell’altra, per il quale una cosa è in un’altra. Marianni e Didymos condividono reciprocamente il proprio opus, da tale relazione emergono elementi comuni e altri processi inaspettati, da percorrere collettivamente. I due opus si muovono tra corrispondenze, concatenazioni e specificità. Entrambi sono dispositivi concreti che vivono dell’azione, e trasformazione continua. Entrambi prendono senso nell’incontro con l’altro, nell’apertura del lavoro in una forma condivisa e di sperimentazione collettiva.

I due lavori si collegano in modo circolare, rendendo il processo potenzialmente infinito.

Il lavoro di Marianni è un percorso di dematerializzazione, che partendo dalle consistenze del corpo umano, giunge all’intangibilità del suono. In una successione di stampi e calchi, va a dissolversi la distinzione univoca tra negativo/positivo, vuoto/pieno, matrice/multiplo; al di là dell’essenza verso la struttura originaria.

Un dispositivo, un vero e proprio organismo che viene attivato, in primis, dalla possibilità di scelta degli attuanti. Un sistema al limite tra pratiche artigianali, processi meccanici ed elaborata tecnologia, nel quale l’attuante “sacrifica” una parte del proprio corpo come matrice che, scindendosi dall’essenza qualitativa del molteplice, vuole tornare al fondamento di un tentativo di unicità primaria: l’uno, l’uno nell’altro, nell’altro e nell’altro etc. , senza posa né soluzione definitiva, ma piuttosto ipotizzata. 

Il gesso, la cera, i sensori e infine le frequenze sonore. Le copie del molteplice si dissolvono nella fusione a temperatura all’interno di recipienti di rame, la cera secondo le scansioni ritmiche delle colate genera partiture sonore differenti. La composizione organica scomposta ha origine rubando in sottrazione dal proprio corpo; si rubano anche i suoni. In doppio furto si ricompongono in caotica/organizzata situazione queste tensioni dando luogo ad un sacrificio temporaneo e “casuale”, irripetibile, di ignota durata e dubbio successo.

Didymos parte dalla vibrazione sonora per concepire il proprio opus, il processo di trasformazione avviene su un livello di propagazione sottile, resa possibile dalle qualità fisiche dei materiali impiegati. Vetro, acqua, feltro, cera, legno e phoné. Le vibrazioni della voce, attraversando le materie, ne trasformeranno le qualità rendendole matrici e calchi, fino a restituire altri suoni. La voce e i materiali impiegati nei dispositivi di azione, al di là delle essenze stesse, nella continuità del fondamento, diventano l’uno. Mediante l’azione performativa si continua ad oscillare in dialettica con e in rafforzamento dell’unicità, in una relazione tra soggetto (attuanti) e oggetto (materiale/dispositivi) che diviene diacronica.

I suoni derivanti da questo processo di passaggio da una cosa all’altra, vengono diffusi nello spazio e risuonano nei corpi degli attuanti.

È in questo momento che i due opus si ricollegano in modo circolare, tornando al corpo. Saranno le parti del corpo coinvolte nella risonanza ad essere “sacrificate per attivare nuovamente il processo.

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